un medico all'ascolto

la tecnologia in campo medico ha fatto progressi importanti, ma da sola non risponde al bisogno fondamentale di capire ed essere capiti, di attribuire un significato a ciò che accade, dare continuità agli avvenimenti e metterli insieme. Un processo di cura che passa attraverso la consapevolezza di ciò che sta accadendo. La diagnosi consiste non solo nel capire la patologia, ma coincide con la convinzione di medico e paziente, di essere compreso
— Prof Fabio Lucidi - La Sapienza

Al giorno d’oggi le tecniche diagnostiche sono sempre piú sofisticate, tuttavia devono essere accompagnate dall’antica arte dell’ascolto da parte del medico, il quale deve dare un preciso significato ai dati strumentali.

La relazione terapeutica non é un monologo ma un dialogo. Se il paziente riesce ad esprimere i propri sintomi superando eventuali paure o pregiudizi, pone le basi per un corretto percorso diagnostico-terpeutico

Durante la visita è importante instaurare un rapporto empatico con il paziente che non é un numero o un organo da curare. Il medico non deve nascondersi dietro lo schermo del computer, ma deve fare in modo che il paziente si esprima, ponga le sue domande, esprima le sue perplessità. Il dialogo tra medico e paziente diventa cosí di fondamentle importaza per ottenere una terapia quanto piú efficace.

per curare qualcuno dobbiamo sapere chi é, per che cosa goisce e soffre. Dobbiamo far parlare il paziente della sua vita, non dei sui disturbi. oggi le sue cure sono fatte con un manuale di cemento, ma cosí non é curare
— Prof Umberto Veronesi

Una ricerca condotta qualche anno fa attraverso l’analisi di 1500 video dallo psicologo Egidio Moja ha rivelato che il medico dopo 18 secondi interrompeva paziente. Forse 18” sono pochi per poter esprimere in modo chiaro i propri sintomi. Il dover selezionare, da paziente, cosa dire e cosa tacere può dar luogo a fraintendimenti. Quindi avere la possibilità di spiegarsi in un tempo adeguato riduce il rischio di complicanze e lo stress patito dal paziente.

Il metodo clinico in cui i medici sono formati è definito come disease-centred: la comunicazione si concentra solo sulla malattia, intesa come deviazione dalla norma di variabili biologiche, ed esclude, come ininfluente, il significato che essa ha per il malato. Tuttavia è risultata sempre più chiara l’utilità di raggiungere, accanto alla comprensione della patologia, una sufficiente comprensione delle interpretazioni, dei sentimenti e delle aspettative che i sintomi generano nel paziente. 

Nello stesso modo al giorno d’oggi sempre più persone utilizzano applicazioni e dispositivi elettronici che misurano e controllano la nostra attività e diversi nostri parametri. Tuttavia il “governo” di tali informazioni è di grande difficoltà e accresce lo stato di stress e confusione. Il senso di sicurezza che la tecnologia offre talora è controbilanciata dalla frustrazione che deriva dalla incapacità di un loro corretto utilizzo. Una delle grandi sfide del futuro consisterà proprio nella capacità di creare una relazione e un connubio tra paziente, medico e tecnologia.

Alessandro Daniotti